LOVE at FIRST BROWSE
We periodically ask a special guest to share with us the three magazines that have meant the most to him. This time is the turn of Luca Pacilio, film and video clip critic, director of Gli Spietati.
#1 / Rockstar
"It was my high school: all the music I loved passes through those pages, from the words of the editors and collaborators (Peppe Videtti, Enrico Sisti, Guido Harari, Pier Vittorio Tondelli, Dario Salvatori, Alberto Campo, Giampiero Vigorito and so on, a critical paraphernalia ready for use) and gigantic photos on the very long services, preceded by covers to be framed. A magazine that venerated indisputable idols (the due five stars for Prince and David Sylvian, before they passed the votes), but did not fear certain sensational openings to pop (Madonna, Duran Duran, Wham!) that made rockers turn up their noses (time has decreed: the editors were right). And then there was the "Archivio" in which Maurizio Petitti reconstructed complete discographies (an ante litteram Wikipedia) and the giant poster in the center (never detached, so as not to ruin it). And all the rest (books, cinema, art), including a column on video clips (the dawn of my interest in the field). In the report cards, just to liven up, illustrious guests: from Roberto D’Agostino to Carlo Verdone. An entire generation fed on that magazine: I am not surprised that in the 80s narrated by Luca Guadagnino in Call me by your name, the Rockstar issue with Bowie on the cover stood out in the newsstand scene. It is an unspoken message from the director: I am also part of the club which, in that decade, had a fixed appointment every month."
#2 / Positif
"In the rich proposal of film magazines, my favorite match is the one between Positif and the Cahiers du Cinéma. If the critical approach of the Cahiers - so stinging and haughty - still seems indispensable to me (because probing the reasons - and the prejudices, at times - at the basis of certain positions, always reveals an unprecedented point of view, an original level of reading) , my heart leads me to Positif for the beautiful interviews (always many, in-depth - pages that are worth rereading, even after years -), the reports from the festivals, the dossiers that recover authors and trends of the past (with a predilection, not so silent, for Italian cinema). Special mention to the elegant graphic design."
#3 / Flash Art
“When as a boy I went around exhibitions - and I did it unaware and inexperienced, driven only by the instinct that directed me towards certain artists and certain movements - I discovered this magazine which soon became a vademecum, a source of information, the source of a lexicon. It is an instrument that put my head in order, indicated priorities, proposed artists, paths, interpretations. And that gave me a look."
/ Testo originale /
#1 / Rockstar
È stata il mio liceo: tutta la musica che ho amato passa da quelle pagine, dalle parole dei redattori e collaboratori (Peppe Videtti, Enrico Sisti, Guido Harari, Pier Vittorio Tondelli, Dario Salvatori, Alberto Campo, Giampiero Vigorito e via gli altri, un armamentario critico pronto uso) e dalle foto gigantesche sui servizi lunghissimi, anticipati da copertine tutte da incorniciare. Una rivista che venerava idoli indiscutibili (le cinque stelle d’obbligo a Prince e David Sylvian, prima che si passasse ai voti), ma non temeva certe clamorose aperture al pop (Madonna, Duran Duran, Wham!) che facevano storcere il naso ai rockettari (il tempo ha decretato: aveva ragione la redazione). E poi c’era l’Archivio in cui Maurizio Petitti ricostruiva discografie complete (un Wikipedia ante litteram) e il poster gigantesco al centro (mai staccato, per non rovinarlo). E tutto il resto (libri, cinema, arte), compresa una rubrica sui videoclip (l’alba del mio interesse nel campo). Nelle pagelle, tanto per movimentare, ospiti illustri: da Roberto D’Agostino a Carlo Verdone. Un’intera generazione si è nutrita di quel magazine: non mi sorprende che negli anni 80 narrati da Luca Guadagnino in Chiamami col tuo nome, nella scena dell’edicola spiccasse il numero di Rockstar con Bowie in copertina. È un tacito messaggio del regista: faccio parte anche io del club che, in quella decade, ogni mese aveva un appuntamento fisso.
#2 / Positif
Nella ricca proposta di riviste cinematografiche il mio match prediletto è quello tra Positif e i Cahiers du Cinéma. Se il taglio critico dei Cahiers – così urticante e spocchioso – mi pare ancora indispensabile (perché sondare le ragioni - e i pregiudizi, a volte - alla base di certe prese di posizione, rivela sempre un punto di vista inedito, un livello di lettura originale), il cuore mi porta a Positif per le bellissime interviste (sempre tante, approfondite - pagine che valgono la rilettura, anche a distanza di anni -), i resoconti dai festival, i dossier che recuperano autori e tendenze del passato (con una predilezione, neanche tanto tacita, per il cinema italiano). Menzione speciale all’elegante veste grafica.
#3 / Flash Art
Quando da ragazzo andavo in giro per mostre – e lo facevo inconsapevole e sprovveduto, spinto solo dall’istinto che mi indirizzava verso certi artisti e certi movimenti - scoprii questa rivista che divenne presto un vademecum, una fonte di informazioni, la fonte di un lessico. E uno strumento che metteva ordine nella mia testa, indicava priorità, proponeva artisti, percorsi, chiavi di lettura. E che mi ha regalato uno sguardo.